…Credo che si dovrebbe sempre inquadrare e inserire in un contesto preciso ogni recensione di un disco, per lo più di dischi che ormai appartengono ad un periodo lontano dall’attualità…
Per quanto concerne The Smiths, quello è stato il mio disco di maggior sconvolgimento, l’unico, e non il migliore che io abbia ascoltato…ma ha dato il la a tante mie sensazioni/decisioni/emozioni…Il disco ha una scaletta a mio avviso non perfetta e coerente con i stupendi temi interpretati da Morrissey e soffre di un calo di atmosfera…ma è stato sicuramente l’album che ha dato all’Inghilterra una nuova linfa; si è potuto constatare che l’originalità e il recupero di atmosfere passate potevano essere collocate nella stessa cornice…Rivela alcune anomalie dal punto di vista interpretativo e musicale ed è un disco che già a quel tempo suonava più “vecchio”…lasciando spazio già ad una interpretazione retrò.
Trovo che sia stato il disco più indigesto di quell’anno tra i cosiddetti dischi pop e che la sua collocazione non sia stata semplice, malgrado il gruppo abbia avuto sin da subito seguaci ben collocabili…Gli arrangiamenti sono notevoli e nello stesso tempo non appesantiscono la struttura stessa delle canzoni, che, magistralmente ideate e eseguite dal talento di Marr, trovano il talento della penna di Morrissey, uomo capace di immagini e di critiche velate ma abbastanza notabili…
Un disco che disturba, che rompe un pò la nostra falsa spensieratezza e ci da, finalmente, il senso del reale…
Alessandro
sporablu@supereva.it
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