Per l’uomo contemporaneo il problema dello spazio fisico va di pari passo con quello del collezionismo.
Il collezionismo è passato da hobby della raccolta di oggetti di una specifica, particolare categoria a vera e propria mania e ossessione per tutto quello che proviene dal passato.
Tuttavia come bisogna porsi nei confronti di chi è nostalgico e accumulatore seriale di oggetti di ogni tipo, nell’epoca del cloud computing.
Lo scrittore italiano Italo Calvino, nel momento in cui stava lavorando alle sue Lezioni americane, si era già posto alcune domande a cui oggi è diventato più che legittimo trovare delle risposte. Argomenti come la visibilità, la rapidità e la leggerezza (qui fa un riferimento ai software, ma essendo troppo in anticipo, non ha il tempo di individuare e preconizzare anche il concetto di cloud) sono diventati oggi di dominio pubblico, anche per le persone comuni e per l’utente medio. Detto questo andiamo a vedere cosa sosteneva a proposito del collezionismo un filosofo e uno scrittore come il tedesco Walter Benjamin.
Le teorie sul collezionismo di Walter Benjamin
Nel libro di Simon Reynolds, “RETROMANIA Musica, Cultura Pop e la nostra ossessione per il passato”, viene citato proprio il filosofo tedesco, a proposito della sorprendentemente corposa letteratura sul collezionismo. Benjamin scrisse infatti un saggio dal titolo “Tolgo la mia biblioteca dalle casse”, una conferenza del 1931 nella quale le meditazioni sull’impulso collezionistico a trovare e possedere nascono da un’esperienza di tipo intimo e personale. Si parla del momento in cui il filosofo, cambiando casa, apre gli scatoloni contenenti le migliaia di libri che ha accumulato.
Per Benjamin il collezionista “dichiara guerra alla dispersione (quella confusa disseminazione di cose nel mondo) ma la sua passione, essendo morbosa e quindi insaziabile, inevitabilmente confina nel caos”. Ora nel saggio possiamo vedere come il tono spiritoso e autoironico di
Walter Benjamin dà valore e una rara profondità esistenziale a un argomento che a una prima lettura potrebbe sembrare folle. Quando scrisse “Tolgo la mia biblioteca…” aveva cominciato il suo ambizioso “Arcades Project” la sua più grande opera incompiuta che prendeva il nome dalle gallerie parigine coperte di ferro e di vetro, un paradiso dello shopping pieno di boutique e di antiquari. Quanto ci rimane è di per sé una specie di collezione, un vasto e informe album di citazioni, frammenti testuali e appunti: un libro in fieri formato da altri libri, con tanto di note a margine. Citando Henry Miller che a sua volta traeva ispirazione dal filosofo statunitense Benjamin Tucker: “Al posto di un libro, di un uomo troppo occupato per scriverne uno”. Ancora un altro proverbiale testo scritto come esposizione frammentaria della filosofia anarchica del Tucker.
Da Walter Benjamin si può passare quindi a un altro noto autore e collezionista come Sigmund Freud. Non perché avesse elaborato un’interpretazione psicologica del fenomeno, ma perché lui stesso era un fervido collezionista e perché era facile psicoanalizzare la sua ossessione. Nel Sistema degli Oggetti, Baudrillard ne parla in termini di narcisismo e di una forma di regressione che s concretizza in comportamenti di accumulazione, di ordine e di ritenzione aggressiva. Più interessante è l’analogia tra l’articolo da collezione e l’animale domestico, una via di mezzo tra la persona e l’oggetto, il compagno e il bene mobile.
Possiamo parlare oggi di collezionismo nell’era digitale del cloud
Concludendo: possiamo noi ora parlare di collezionismo nell’era digitale del cloud? Questa è una domanda assolutamente “boomer”, rivolta ai “Millenials” in ascolto e in lettura. Il quesito, che questo scritto si pone, deve quindi restare aperto a una possibile e condivisibile risposta.
Pensiamo a come “Millenials” e “Generazione Z” stiano vivendo e affrontando questo genere di problematica. Un conto è iniziare a collezionare, a leggere e a visionare film a cavallo tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio. Cosa del tutto diversa è attraversare gli ultimi due decenni disponibili. Dalla venuta delle piattaforme di streaming video, alla diffusione degli e-book. Dal consolidamento di iTunes a nuove realtà come Spotify e via dicendo, le abitudini degli utenti sono cambiate, spesso migliorate, fino ad arrivare oggi al concetto di cloud computing.
Questo vuol dire che un domani sempre più prossimo, per capire il livello di collezionismo, dovremo andare a visionare la libreria multimediale e immateriale di un PC fisso, di un laptop o di un altro device di tipo mobile come smartphone e tablet. Si dovrà quindi vedere quali sono le app scaricate, se l’utente sta eseguendo abitualmente accesso a un portale dedicato ai giochi da casinò come Slot book of Ra, oppure a una piattaforma come quella di Apple Arcade, per rimanere in ambito di gioco, ma in categoria gaming.
Insomma, il collezionismo e l’interazione sarà sempre meno “visibile” e più “nascosta” e bisognerà fare un upgrade in termini di spazio fisico versus spazio virtuale, cloud e memoria esterna. Si potrà quindi pensare a quella cosa che lo scrittore di fantascienza Philip K. Dick aveva chiamato MEMORIA TOTALE (Titolo originale: We Can Remember It for You Wholesale) come il tema dell’omonimo film diretto da Paul Verhoeven e interpretato da Arnold Schwarzenegger.
Tags: cloud, collezionismo
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