(di Andrea Dasso) Alcuni giorni fa, vi avevamo raccontato del nuovo singolo della giovane cantautrice Carrese (i più distratti possono cliccare qui), oggi vi proponiamo una breve intervista con lei nella quale abbiamo parlato un pò del suo presente, del suo passato e della scena indie italiana, buona lettura!
Hai appena realizzato il tuo nuovo singolo “Vetro”, descrivicelo in 3 parole…
Fragile, trasparente, tagliente.
Questo è il secondo singolo del tuo progetto artistico con Marta Venturini, farà da apripista ad un EP o ad un album? Puoi anticiparci qualcosa?
L’idea di un album per ora è ancora chiusa in un cassetto. Abbiamo deciso di procedere per singoli. Il prossimo è già in lavorazione.
Quali sono gli artisti che hanno influenzato maggiormente la tua carriera?
Ci sono stati tanti momenti di svolta nella mia vita, tutti segnati da artisti e generi musicali diversi. Da piccola, grazie alle influenze della mia famiglia, cantavo Battisti, Lucio Dalla, De Gregori, Mina, Zucchero, ecc. Crescendo mi sono “chiusa” nel genere rock “primordiale”, e ho spaziato tra Led Zeppelin, Pink Floyd, Patti Smith, Genesis, The Beatles, Queen, Jimi Hendrix, The Doors, Janis Joplin. Poi ancora, avvicinandomi alla maturità, mi sono innamorata di Amy Winehouse, oppure di artisti come Damien Rice, Niccolò Fabi, Eddie Vedder. Oggi continuo ad ascoltarli ovviamente, ma sono proiettata anche su cose elettroniche, rap, sempre alla ricerca di emozioni forti.
Nel 2015 hai partecipato alla terza edizione di The Voice of Italy nel team di Piero Pelù, che ricordi hai di quell’esperienza?
L’esperienza a The Voice of Italy, nel 2015, è stata fondamentale per la mia crescita artistica. Anche se non mi sono mai sentita a mio agio all’interno del contenitore televisivo, ringrazio di aver avuto l’opportunità di essermi fatta conoscere da tante persone che ancora oggi mi seguono. Consiglierei un talent solo se si ha già un proprio progetto musicale. La Tv sicuramente è un’ottima vetrina, ma può anche “bruciarti” se non sei sicuro di quello che vuoi fare.
Dopo la partecipazione al talent, hai suonato per 2 anni in giro per l’Italia, sia come solista sia con una band, ti trovi meglio da sola su un palco o dividendolo con altri musicisti?
Condividere il palco e le emozioni con persone che stimi e che suonano per te e con te, porta sempre il livello dell’esperienza musicale molto più in alto. Quindi si, preferisco dividere un palco con i miei musicisti.
Nel 2017 hai preso una pausa dalla tua attività musicale per dedicarti alla scrittura del tuo primo album e hai iniziato a lavorare come commessa, come sei riuscita a bilanciare le due attività senza perdere di vista la musica?
Ho lavorato per due anni come commessa in una gioielleria, lavoro che ho concluso a novembre 2019 per sperare di poter ricominciare con la musica a piccoli passi e cercare qualcosa di diverso con cui mantenermi. I due anni di distacco forzato dall’attività musicale, mi hanno fatto venire una gran fame di fare la cantautrice. Così ho iniziato a scrivere tantissimo. In pratica quasi tutte le canzoni che ho sono nate in quel periodo. Scrivevo in pausa, tornata a casa, o sul motorino mentre andavo a lavoro. Se mi veniva una frase mi fermavo, me l’appuntavo, e continuavo. È stato un periodo duro ma necessario a quello che ho e che sono oggi.
Da “insider” come vedete la scena indie nazionale?
Premetto che per me “indie” vuole dire fare musica indipendente, fatta con gli sforzi dell’artista e di pochissime persone che credono in lui e che investono tempo e denaro per mandare avanti un progetto, con tenacia e passione. Vuol dire essere anche un po’ fuori dagli schemi di quello che il mainstream vuole, una musica più intima e ribelle. E questo me lo faceva e me lo fa sentire Calcutta, i primissimi album di Levante, il Coez di “amami o faccio un casino”, Cosmo, Franco 126 e qualche altro.
Ma penso anche che oggi “essere indie” è un po’ come la moda dei jeans anni ‘80 e dei maglioni larghi. Se li mettono tutti e solo in pochi se li possono permettere senza sembrare personaggi costruiti e “fuori tempo”. Credo che “indie” sia diventata una moda, un cliché, uno scrivere di tutto e di niente, un cantare male anche.
Ci sono locali e spazi per le band che vogliono fare “musica in proprio” o ormai predominano le cover band?
No, non penso che predominino le cover band, anzi. Per fortuna siamo davanti a una rinascita in questo senso. C’è tanta musica nuova, tanto fermento e personalmente mi capita di ricevere richieste quasi sempre di musica propria e non di cover.
Proiettiamoci nel futuro: chi ti piacerebbe avere ospite nel tuo prossimo album?
Sicuramente gli artisti che ho citato sopra della scena indie che mi piace.
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