Saturday, April 27th, 2024

Quattro chiacchiere con Savage!

Published on Febbraio 10, 2024 by   ·   No Comments

Cantante e produttore, indimenticata icona dell’italodisco con la Mega-Hit Don’t Cry Tonight, Savage è tornato nel 2020 con un album in studio che mancava da decenni nel suo repertorio.Approfittando di un momento di pausa nella sua intensa vita da musicista, noi di SPL siamo riuscisti a fargli qualche domanda sul suo presente e sui gloriosi anni ’80 della musica dance italiana, buona lettura!

Partiamo dal tuo nome d’arte: come molti artisti italiani del periodo d’oro dell’italo-disco hai scelto di lavorare con uno pseudonimo, come è nato Savage?

Era un fumetto abbastanza famoso, l’ispettore Doc Savage. Era americano ma tutti lo pronunciavano alla “francese”, mi piaceva…e me lo sono fatto mio.

Il tuo singolo più recente è Where Is The Freedom , puoi raccontarci qualcosa di questo brano?

Volevo fare una canzone focalizzata sui problemi legati all’ambiente, su quanto stiamo sfruttando il Pianeta e quanto è importante pensare al futuro, perché noi siamo il futuro, “we are the future”. In un album di canzoni d’amore è comunque una canzone d’amore per la nostra Terra.

Il brano fa parte del tuo ultimo album Love And Rain, descrivicelo in 3 parole. 

Tre parole? Amore e Pioggia…Canzoni d’amore e malinconia!

Quali sono le tematiche principali dei brani che compongono Love And Rain?

Sono canzoni romantiche, di amore vero (I love you, In you eyes, Remember me), ma anche di solitudine (Lonely night, Moon is falling), di amore verso gli anni 80 (80 Musica), di amore verso il Pianeta (Where is the freedom)

C’è un pezzo di Love And Rain al quale sei più legato? Se sì perché?

Remember me perché è la prima nata appena mi sono messo a scrivere le canzoni del nuovo album, ma anche In my dreams perché è quella più elettropop di tutte.

Questo album è arrivato dopo una lunga pausa come performer, visto che il tuo album precedente è uscito negli anni ’80, quando hai capito o deciso che era arrivato il momento di tornare in studio e di proporci qualche nuovo brano?

Il mio unico album di studio è del 1984, poi ci sono stati alcuni singoli e un album del 1986 mai uscito a causa di problemi con la casa discografica. Per tanti anni sono stato inattivo per dedicarmi alla produzione di altri artisti. Nel 2004 sono tornato a cantare live all’ Olympic Stadium di Mosca davanti a 25 mila persone e da lì ho ripreso la mia attività live. Sia il pubblico dei concerti, sia i fan sui vari social hanno iniziato a chiedere nuove canzoni così ho ritrovato l’energia e la voglia di realizzare un disco, quello appena uscito, Love and Rain.

Torniamo un po’ al passato… quali sono gli artisti che ascoltavi all’inizio della tua carriera e che ti hanno influenzato maggiormente?

Ero appassionato di tutto quello che arrivava dall’Inghilterra, Depeche Mode innanzitutto, ma anche OMD, Human League, Yazoo, Talk Talk, Erasure, Communard, Bronski Beat….Sono un grande ammiratore di Vince Clarke, il tastierista che ha dato inizio ai Depeche Mode.

A distanza di oltre 30 anni il nome Savege è immediatamente collegato a Don’t Cry Tonight, ci puoi dire come nacque questa canzone e se all’uscita del pezzo ti saresti aspettato un successo simile?

La canzone è nata di getto, al pianoforte. Avevo già fatto alcune esperienze come produttore ma quella mi piaceva tantissimo e l’ho voluta cantare personalmente. Dopo un mese era in classifica e dopo due andavo in televisione! E’ stato tutto velocissimo, da orchestrale a star in tutta Europa. Non me lo sarei mai aspettato.

A fine anni ’80 centrasti un altro successo con la cover di I Just Died In Your Arms, com’è nata l’idea di una cover dance di un pezzo rock? Il sample poi degli Chic è da applausi…

Il pezzo era bellissimo e mi sembrava interessante riproporlo in chiave dance, in alcuni paesi è stato un grande successo. Anche l’estate scorsa ho fatto uscire un Remix che ha funzionato bene nei paesi dell’Est.

Sempre a proposito di Don’t Cry Tonight… alcuni anni fa il brano fu inserito nella compilation Pet Shop Boys-Back To Mine, il doppio CD in cui il duo ha raccolto i brani per loro più significativi, che effetto ti ha fatto essere omaggiato da un duo così iconico?

La prima volta che i Pet Shop Boys vennero in Italia dichiararono in radio di essersi ispirati a Don’t Cry Tonight! Era come un circolo, io mi ispiravo ai gruppi inglesi e loro si ispiravano a me…Sicuramente è per quello che hanno inserito la mia canzone nel loro album.

Dal 1994 al 2009 la tua carriera solista ha avuto una lunga pausa, cosa ti ha spinto ad abbandonare i progetti solisti per dedicarti soprattutto a produrre altri artisti?

Alla fine degli anni 80 la musica dance stava cambiando e si spostava verso l’house, non adatta per voci bianche tipo la mia.Alcuni colleghi (Raf, Ivana Spagna) si spostarono sull’italiano, io ho preferito fermarmi come cantante ma da musicista ho continuato come produttore e compositore.

Sei stato con Gazebo, P Lion, Albert One, uno degli alfieri della italo-disco nel suo periodo d’oro, che ricordi hai del mondo discografico italiani negli anni ’80? Era diverso da quello di oggi?

Era un momento magico, gli artisti dance si incontravano in zona Mecenate a Milano dove erano tutte le case discografiche dance che erano più distributori che altro. Personaggi come Freddy Naggiar della Baby Records o Severo Lombardoni della Discomagic si sono inventati un mercato, inventarono le Compilations. Le case tradizionali non erano interessate alla dance, avevano artisti italiani che vendevano tantissimo e quindi preferivano non avventurarsi in un mondo a loro sconosciuto come quello dance. Oggi le case discografiche italiane sono scomparse e le Major Internazionali si sono accorpate e ormai detengono gran parte del mercato.

C’è un disco o un brano della tua lunga carriera che ha avuto più successo di quanto ti aspettassi ed un altro che invece ha avuto meno successo di quanto, secondo te, meritasse

?Nel 1985 realizzai Love is Death, un singolo curatissimo nelle sonorità e arrangiamenti, avevo grandi aspettative ma funzionò poco. Sempre in quegli anni realizzai una cover di Live is Life in una giornata di studio, avevo comprato il disco in Germania dove era appena uscito in chiave rock. Lo proposi con arrangiamento dance e diventò una hit in mezza Europa! N°1 in Francia per mesi…veramente inaspettato.

Tra le tue numerosi collaborazioni spicca quella con Alexia, come vi siete conosciuti e come è nato il vostro sodalizio artistico?

Alexia era una turnista, si chiamano così i cantanti che vanno in studio a fare i cori. Io la chiamavo spesso dato che era brava e abitava vicino al mio studio. Un giorno stavo lavorando ad un pezzo di Ice Mc e le feci cantare il ritornello…era Think About The Way e divenne una hit mondiale. Dopo di quello decisi che Alexia poteva essere lanciata anche come solista e le scrissi Me and You…dopo un paio di mesi era N°1 in Italia, poi arrivò il resto del mondo.

L’altra tua storica e duratura collaborazione è quella con Zucchero, che si è riproposta anche recentemente, che risale addirittura ai tempi dei Taxi, cosa ci puoi raccontare di quel tuo vecchio progetto e del rapporto con Sugar?Conoscevo Zucchero dal 1978 quando collaborava con me nei Santarosa, io ero nel gruppo, lui scriveva le canzoni. Poi dopo nei Taxi lui suonava la chitarra e cantava, io ero il tastierista. Quando andò a Sanremo noi eravamo il suo gruppo nel primo tour, poi ci siamo divisi e ognuno ha seguito la propria strada fino al 2001 quando l’ho incontrato e mi ha chiesto di scrivere una canzone latineggiante per fare un duetto con Santana, ed è li che ho scritto Baila Morena.

Hai lavorato con molti artisti, c’è un’altra icona 80’s con cui ti sarebbe piaciuto lavorare?

Alison Moyet, la cantante degli Yazoo… ha una voce incredibile!

Guardando indietro a 40 anni di carriera, c’è qualcosa che vorresti non aver fatto e/o qualcosa che ti penti di non aver fatto?

Di quello che ho fatto non mi pento e quindi rifarei volentieri tutto, invece mi pento di non avere accettato un’offerta di lavoro in America per produrre un gruppo importantissimo perché mi avrebbe aperto le porte del mercato americano.

Soprattutto all’estero, l’italo disco è ancora un genere che va molto forte, come ti spieghi questa vitalità? E la diffidenza con cui, invece, è guardata oggi in Italia?

Nei paesi dell’est Europa l’Italodisco è stata la prima musica che è arrivata dopo la caduta del regime Comunista e quindi ha segnato un momento di libertà. Si sono quindi affezionati ad una decina di artisti, più tedeschi che italiani, ma che facevano italodisco, Modern Talking, CC Catch, Bad boys Blue e naturalmente io, Savage. Parecchi Russi e Polacchi sono poi emigrati in USA e hanno diffuso  la musica Italodisco dappertutto. Negli anni così l’Italodisco è rimasto popolare ed è ancora suonatissimo dappertutto. In America lo chiamano New Wave, soprattutto le popolazioni Asiatiche che ne vanno pazzi. In Olanda, Spagna, Danimarca, Svezia, Finlandia e Germania ci sono un sacco di Club e collezionisti. Anche da noi ci sono tantissimi estimatori ma come dice il proverbio nessuno è profeta in patria e noi italiani siamo sempre bravi a sminuire quello che di buono abbiamo.

Passiamo, invece, al futuro: supponiamo che nel tuo prossimo disco tu possa invitare:un’altra icona 80’s,un’artista contemporaneo che ammiri,un produttore chi sceglieresti?

Inviterei sicuramente Blondie, ahah, ne ero pazzamente innamorato ma non l’ho mai incontrata. Come artista contemporaneo mi piace Billie Eilish con le sue melodie malinconiche è molto nel mio mondo. Come produttore Trevor Horn, è stato un maestro per tanti produttori pop.

C’è un progetto o un genere che vorresti sperimentare in futuro?

Per me assolutamente no, sono fedele agli anni 80, non potrei assolutamente cambiare stile. Per altri invece si, mi piace sperimentare. Credo di essere stato il primo in Italia a produrre rap quando con ICE MC feci la hit mondiale con Easy. Mi piacerebbe fare un album dance con i suoni anni 70, la sezione dei fiati, chitarre funk e ovviamente un cantante con una voce soul potente…Zucchero sarebbe perfetto…magari lo convinco!

(intervista di Andrea Dasso)

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