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I Seraphic Eyes si raccontano a SPL80

Published on Dicembre 27, 2020 by   ·   No Comments

(di Andrea Dasso) Tornati alla ribalta con l’adrenalico EP Quarantine (trovate qui tutte le info), i Seraphic Eyes hanno accettato di scambiare quattro chiacchiere con SPL80 e ci hanno raccontato un pò di cose, dalla loro storia alla genesi del nuovo lavoro fino ai progetti futuri. Buona lettura!

Iniziamo dal vostro nome, Seraphic Eyes… qual è la sua origine? Come lo avete scelto?

Alberto: molto tempo fa ho conosciuto una donna con lo sguardo così calmo e sereno di fronte a qualunque avversità che mi è rimasta impressa, Seraphic Eyes è l’aspirazione ad una forza e sicurezza interiore capaci di affrontare qualunque tempesta.

Ci raccontate un po’ come vi siete conosciuti e come avete iniziato a suonare assieme?

S.E.: Un periodo senza patente (non per colpa sua ma si dice sempre così 😉  ) ha portato Alberto ha scoprire le potenzialità dei moderni software di musica, con questi ha registrato le sue vecchie canzoni di quando era ragazzino, e facendoli ascoltare ad un suo vecchio bassista si è convinto a rimettere su la band, sui social ha così avuto il contatto di Alessio Azza Azzalin e di Laura con cui la formazione si è stabilizzata circa 7 anni fa

Quali sono gli artisti che vi hanno influenzato maggiormente nella vostra carriera?

Sicuramente tutti i rocker di Seattle e del filone Alternative Rock degli anni 90: dai Nirvana in primis ma anche Pearl Jam, Smashing Pumpkins, Dinosaur Jr, Sonic Youth, Pixies e molti altri

E’ appena uscito il vostro nuovo Ep, Quarantine, descrivetecelo in 3 parole…

I domiciliari ci hanno fatto riflettere sulla indomita necessità di libertà dell’essere umano

Quali sono i temi che affrontate in Quarantine”?

In qualche modo ogni canzone parla di emozioni legate al periodo che abbiamo vissuto: Maybe a Storm riflette sulla “fede” e sull’obbedienza cieca che abbiamo dato a questi governi e chiede al cielo una tempesta che sciolga il velo dei dubbi e riporti un po’ di buon senso in questo mondo; Life is Boring, Quarantine parla letteralmente della quarantena e di come se ne possano ricercare cause ma anche alternative positive affrontando con saggezza il momento; Little Creatures è un brano più riflessivo sulla natura “leggera” dell’animo umano, parla di bisogno di libertà e si chiede se siamo ancora i Leonardo, i Michelangelo, i Tesla o se stiamo “appassendo” e qual è la causa; Fake choices è spietatamente contro i giornalisti e i governi bugiardi che rendono con le dichiarazioni questo periodo più brutto di quanto non sia già; False Gods si chiede come sarebbe una fine del mondo di abbondanza, dove tutti ricevono ciò che desideravano e così possono riflettere sulle loro vere necessità, in pratica parla degli attuali “dei”: dalle multinazionali che ci dicono chi dobbiamo essere e cosa dobbiamo avere, ai social media che censurano peggio del fascismo qualunque idea gli sia scomoda, ai media che danno spazio solo a politici ed “esperti” monodirezionali senza più domande critiche, siamo circondati da meschine false divinità a cui diamo noi potere e forse è ora che torniamo a pensare con le nostre teste.

Quaratine arriva dopo il vostro secondo album, Hope, quali sono le principali differenze tra i due dischi? Ma quanto c’è di Hope nel nuovo disco?

La differenza principale e fondamentale era che Hope era un disco più ad ampio respiro che parlava di molti argomenti, a differenza di Quarantine che è molto più “monotematico”, ma quando fai un disco con Pietro Foresti che sviscera ogni tua necessità di crescita e che ti insegna tanto, ritroverai da li in poi quel patrimonio di esperienza in ogni nuova canzone.

Quaratine ha un produttore d’eccezione come Max Zanotti, ex dei Deasonika, com’è stato lavorare con un musicista di tale spessore? Come lo avete coinvolto nel progetto?

Abbiamo conosciuto Max suonando al Pistoia Blues, da allora siamo rimasti in contatto e quando gli abbiamo parlato del progetto e gli abbiamo fatto sentire le prime demo gli sono piaciute e a deciso di collaborare con noi, ci ha aiutato molto ad arricchire il nostro suono.

Avete suonato parecchio in giro per l’Italia, tra l’altro anche al celebre Pistoia Blues, com’è il vostro rapporto con la “dimensione live”?

In poche parole ci piace tanto suonare live, e ci manca tantissimo, speriamo si possa riprendere al più presto

Da artisti indie italiani, come vedete lo stato di salute attuale della musica indipendente italiana? Ci sono altri artisti indie italiani che seguite?

Alberto: credo di parlare per tutti del fatto che siamo in un momento storico di grande creatività ma di poca curiosità, la standardizzazione di prodotti, servizi, programmi e “costumi” a livello globale, sta riducendo di molto il radar della curiosità della gente che non scopre più nuova musica se non gli viene suggerita (come diciamo in False Gods) e questo è un male perché la tecnologia ha permesso a tantissimi nuovi artisti di mostrare sempre meglio il loro potenziale ma questo è un bene solo per un pubblico curioso che oggi, un po’ in tutto sembra essere diminuito drasticamente.

Proiettiamoci infine nel futuro: chi vi piacerebbe avere ospite nel vostro prossimo album?

Quarantine ha avuto tre genitori ma moltissimi zii: oltre a Max Zanotti, tutti i nostri ex produttori l’hanno sentito e in qualche modo approvato e ci hanno dato qualche critica costruttiva, amici musicisti come Chiara Winfield dei KNK ci hanno aiutato o suggerito tecniche di registrazione: come Max Migheli e Cimi Mezzano (DrumTech dei Deep Purple), i nostri in qualche modo sono già dei dischi collaborativi quindi potrebbe essere però da qui a sapere chi ospitare è difficile dirlo magari Butch Vig e Novoselich! 😉

Intanto un disco nuovo già è in cantiere, doveva essere un disco acustico ma per il momento abbiamo sospeso le registrazioni, Quarantine aveva bisogno del suo spazio!

 

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