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Pet Shop Boys Yes, la recensione di Spl80

Published on Giugno 16, 2009 by   ·   No Comments

Il 23 marzo in UK (il 20 in Italia) è uscito un album che rappresenta un traguardo importante per i Pet Shop Boys, i 10° album in studio. Il processo di creazione dell’album era iniziato già durante il Fundamental Tour del 2007 quando il cantante Neil Tennant ammise in un’intervista che stavano già scrivendo alcune canzoni pop per il nuovo disco.

Nel corso dei mesi sono stati scelti i produttori, gli Xenomania team inglese particolarmente trendy in questo periodo in UK capitanato da Brian Higgins (già al lavoro con Sugababes, Girls Aloud e Sophie Ellis-Bextor tra gli altri).  Come collaboratori extra i PSB hanno chiamato le superbe corde di Johnny Marr, indimenticata chitarra degli Smiths, oltre che il giovane arrangiatore canadese Owen Pallett e al fedelissimo (dopo quasi 20 anni di collaborazione) ingegnere del suono Pete Gleadall, che come al solito a curato il programming e ha suonato le tastiere in molte delle 11 canzoni. Per il mixaggio dell’album è stato chiamato uno dei nomi più interessanti e sulla cresta dell’onda tra i producer e remixer inglesi, quel Jeremy Wheatley che ha remixato la versione 2009 di Always degli Erasure, e proprio per il duo Clarke-Bell aveva lavorato nel loro ultimo album in studio 2 anni fa. Realizzato principalmente nello studio degli Xenomnia con alcune incursioni nei celebri studi londinesi di Abbey Road, la genesi dell’album è stata seguita passo-passo dai fans grazie ai continui aggiornamenti del sito ufficiale PSB, ad inizio 2009 i PSB hanno potuto finalmente annunciare la data di release e la tracklist dell’album che comprende 11 pezzi:

1. Love etc.
2. All over the world
3. Beautiful people
4. Did you see me coming?
5. Vulnerable
6. More than a dream
7. Building a wall
8. King of Rome
9. Pandemonium
10. The way it used to be
11. Legacy

L’album dura circa 48 minuti, le trace 1, 6 e 10 are sono firmate Pet Shop Boys/Xenomania mentre le altre sono firmate solo dai PSB, come spesso succede nei loro album. Bisogna subito dire che è molto raro che i PSB permettano ai produttori di inserirsi nel progetto di scrittura dei testi: nel corso di oltre 20 anni di carriera si contano sulle dita di una mano i brani in cui il producer ha partecipato alla fase compositiva del testo della canzone, ma questa volta il gruppo ha lavorato bene con i nuovi produttori al punto da lasciar loro maggior spazio anche nella scrittura dei brani.
Il disco si apre subito con il botto: Love Etc. il primo singolo estratto, uscito il 16/03.
Definito come “una canzone non paragonabile a nulla che i PSB avessero fatto prima” dall’autorevole sito Popjustice. Pezzo che ad alcuni fans ha ricordato un’immortale hit della band come Can You Forgive Her?, è caratterizzato da un ampio ricorso ai cori nel ritornello (tipico dei PSB come in successi quali Go West o New York City Boy) e il testo è nello stile dei PSB, criticando la ricerca esasperata del lusso e dell’avere tutto, quando alla fine la cosa di cui si ha più bisogno, è gratis: l’amore. Si può definire l’ennesima canzone riflessiva, anche se questa volta in chiave spiccatamente dance, composta dalla band incentrata sul tema di un vuoto esistenziale e dell’insoddisfazione che una vita di agi e apparentemente felice non può cancellare. Curiosamente, pur essendo il primo singolo estratto, questa –a detta dei PSB- è stata la canzone che ha preteso più tempo in fase di lavorazione.
Per realizzare la traccia #2, i PSB come già accaduto altre volte in passato sono partiti da un brano di musica classica, in quest’occasione il punto di partenza è stato il grande compositore russo Tchaikovsky. La canzone, anche solo dal preview di iTunes è piaciuta subito ai fans al punta da farla considerare una potenziale hit. Il brano è il primo del CD in cui compare la London Metropolitan Orchestra , registrata ad Abbey Road. Il ritmo rallenta invece con la #3, Beautiful People, che sembra ricalcare un po’ lo stile pop-rock dei PSB in Release, quindi meno dance e ritmo più soft. Completata da una parte orchestrale realizzata dalla London Metropolitan Orchestra arrangiata dall’astro emergente Owen Pallett, la canzone vede Marr non solo alla chitarra ma anche all’armonica, strumento che non era mai apparso precedentemente nei pezzi dei PSB ma che in questo album troveremo ben due volte. Anche qui il tema della canzone è abbastanza malinconico, esprime l’esigenze di vivere come “le persone belle”, quei modelli di vita che tante volte ci vengono trasmessi dai media, ma poter vivere a quello “è solo una fantasia o potrebbe essere la realtà?” Intrigante, la traccia #4, Did You See Me Coming?, in cui un riff di chitarra apre un pezzo caratterizzato da una base molto anni ’80 e con un ritornello decisamente orecchiabile. E’ stata la canzone che ha portato via meno tempo per venir realizzata, ma sicuramente noni si direbbe. Insieme a Pandemonium e Love Etc. è la canzone dell’album in cui emerge di più il lato dance-pop del duo. Non a caso la canzone è stata scelta dalla EMI come secondo singolo dell’album, con data d’uscita il 1 giugno in UK e il 19 in Germania. Il tema della canzone è un fortuito e fortunato incontro, che si trasforma in una storia d’amore. Molto delicata Vulnerable, traccia #5. Tuttavia la canzone non convince appieno: troppo lunga (oltre 5’) con un testo un po’ troppo arzigogolato e con un ritornello fin troppo ridondante. Anche se alcuni l’hanno paragonata  Rent (celebre hit della band), Vulnerable non sembra essere un buon brano da proporre live ben accompagnato dal pubblico proprio per la difficoltà del testo, che è infatti molto lungo e complesso come capita spesso con le album track dei PSB, tuttavia spiega in maniera perfetta come spesso dietro un’apparenza di forza e quasi di infallibilità (“I can do no wrong”) si cela la fragilità del protagonista se privato della persona che ama, la fonte alla fine della sua sicurezza. Ottima la traccia #6, More Than A Dream si candida di diritto tra i brani più riusciti dell’album con un ottimo cambio di ritmo dall’intro dance si passa a suoni pop più maturi ma sempre up-tempo.
Con Building A Wall, ci troviamo di fronte ad una di quelle canzoni che all’inizio spiazza ma che ascoltando più volte piace sempre più, certo non avrà il ritmo veloce frizzante e trascinante di Pandemonium o Did You See Me Coming? Ma risulta essere gradevole senza stancare, anzi convincendo ad ogni ascolto della sua bontà. Qui riemerge il tema della paura e della minaccia costituita dallo “straniero”, dal diverso, che era stata la base di Fundamental: il muro della canzone non serve per tenere fuori qualcuno ma per proteggere me stesso per chiudermi dentro. Il testo anche qui è ricercato e stupisce per la cultura che sta alla base dei PSB che qui traspare, non mancano riferimenti a Gesù ma anche a Giulio Cesare che sta cercando nuovi centurioni per il suo esercito ma a queste figure storiche capitali viene poi citato Captain Britain, a riprova della feroce ironia di fondo che permea gran parte dell’universo PSB. Molto particolare anche la #8, un parlato tenuto molto basso con una base ritmica semplice che sembra rimandare a certe atmosfere che hanno contraddistinto un album controverso come Behaviour. Andamento soft, quasi “sognante”, quindi per una canzone in cui il tema di fondo è quello consueto della solitudine, neppure se fosse stato il re di Roma il personaggio della
Anche Pandemonium ha un sound molto 80’s e pop soprattutto con l’uso dei synth in apertura che per un attimo richiama alla mente i suoni dark dei Depeche Mode o quello di Kiss You Off degli Scissor Sisters, salvo poi aprirsi al suono fresco e maturo dei PSB, supportato da un’ottima sequenza in sottofondo di batteria elettronica e da un ritmo incalzante. Colpo di genio del pezzo l’uso nel bridge e nel outro della canzone dell’armonica di Mr. Marr che ovviamente non fa mancare la sua superba chitarra a sostenere la canzone. La quasi perfetta storia d’amore del protagonista rovinata dalla sua metà, che ha creato un bel Pandemonio, appunto. Se la logica musicale non volesse una ballad come singolo dopo 2 pezzi veloce, questo sarebbe l’ideale terzo estratto dell’album. La traccia ha dato inoltre il nome al nuovo tour mondiale dei PSB, appena partito dalla Russia. Prima di chiudere c’è ancora spazio per The Way I Used To Be che probabilmente, nelle parti strumentali, avverte più di altri il nuovo stile importato nel lavoro dei PSB dai nuovi producer, gli Xenomania che per questo canzone, sono stati anche co-autori. Il pezzo è davvero di classe, pop con richiami a una dance “elegante” in cui Neil Tennant viene supportato per la parte cantata dalla voce di Carla Marie Williams (come in Beautiful People), una delle vocalist del team di produttori. Dopo alcuni ascolti del CD, questa canzone spicca probabilmente come la migliore dell’intero album, sia per il testo che racconta una storia d’amore dalla sua nascita alla sua fine, che per la musica. Recentemente è uscita in UK come b-side sul 12’’ di Did You See Me Coming? una versione di questo pezzo di oltre 8 minuti realizzata con ottimi risultati da Richarx X, anche se la canzone perde un po’ la sua sua natura quasi di ballad per lasciare spazio al suono dance di uno dei migliori remixer che hanno lavorato coi PSB nell’ultimo decennio.
Si chiude dopo 42’ di musica, con gli oltre 6 minuti di musica di Legacy. E’ quasi una tradizione dei PSB mettere una canzone lunga oltre il solito in ogni lavoro ma questa volta (forse visto anche il titolo che in inglese significa Eredità) tenendola per il gran finale. Se con Fundamental si chiudeva con un pezzo inno come Integral, qui i PSB ci salutano con un pezzo più soft e malinconico, che riesce ogni tanto a riemergere nelle loro canzoni. Il pezzo è sapientemente arrangiato da Owen Pallett che si avvale dell’a London Metropolitan Orchestra, registrata nei mitici studi di Abbey Road. Curiosamente il pezzo è stato censurato nell’edizione in uscita per il mercato cinese, per le frasi considerate inidonee dall’ente cinese preposto alla censura,  ma che ovviamente visto lo stile che da sempre li contraddistingue non hanno niente di provocatorio o irrispettoso, ma sono riflessioni amare su cosa ci rimane come eredità (legacy significa questo in inglese”) nei nostri giorni. Nell’edizione per il mercato cinese, pertanto, la canzone verrà sostituita da una sua versione solo strumentale.
Per chi compra l’edizione standard di Yes, la recensione finisce qui.
Ma se a qualcuno questo CD (e sono sicuro sarà così) piacerà, sappiate che ne esiste anche una versione doppio disco, Yes, Etc. che comprende un inedito duetto (This used to be the future) tra i PSB e un’altra leggenda degli 80’s come Philip Oakey, cantante e frontman di una band storica come gli Human League.

La canzone include nelle sue parti vocali anche Chris Lowe, solitamente restio a staccarsi dalle sue tastiere per cantare un pezzo (nel corso dell’ultraventennale lavoro di squadra le canzoni cantate da Chris si contano sulle dita di una mano), qui la voce di Lowe affianca le altre due per questo duetto che è incentrato sulla disillusione, su promesse circa il futuro che poi non sono state mantenute, la scienza aveva promesso un futuro senza religione e pregiudizio, ma ora la religione e lo spauracchio nucleare si sono uniti (un velato riferimento all’Iran, la cui politica omofobica era già stata attaccata in Fundamental con la dedica a due ragazzi gay uccisi dal regime per il loro stile di vita?). Proprio il duetto con Oakey doveva essere la canzone #12 del CD, ma I PSB giudicarono che l’album sarebbe stato troppo lungo e così, invece di un DVD con il making’ of dell’album, decisero di spostare il duetto in un secondo CD che sarebbe stato completato con  6 remix in versione dub di tracce del primo disco (Love Etc, More Than A Dream, Pandemonium, The Way it USed To Be, All Over The World e Vulnerable). Si tratta di versioni dub quindi di versioni solo strumentali riarrangiate dai PSB in collaborazione con gli Xenomania. L’idea di realizzare un CD di versione dub sarebbe venuta ai PSB da un progetto simile sviluppato proprio dagli Human League di Oakey ad inizi anni ’80.
In conclusione: anche con questo decimo capitolo della loro lunga e gloriosa storia sicuramente i PSB non deluderanno i fans e anzi magari ne conquisteranno di nuovi grazie alla loro straordinaria capacità di rimanere al passo con i tempi e reinventarsi continuamente passando dai ritmi latini di Bilingual alla dance-trance di Nighlife agli strumenti tradizionali di Release agli arrangiamenti curati di Fundamental fino al pop degli anni 2000 degli Xenomania. Secondi soltanto a Madonna e David Bowie nell’arte di reinventarsi, i PSB hanno dimostrato di essere un punto di riferimento per molti artisti delle successive generazioni (Scissor Sisters, Killers, Lady GaGa, Robbie Williams, Keane…) e sono stati in grado di regalarci dopo circa 3 anni dal precedente un nuovo album in studio, la decima perla della collana della loro storia musicale che iniziò con Please 23 anni fa.

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